Disponibile la procedura per la campagna REDEST 2022


Dal 9 maggio scorso, è disponibile la procedura per la Campagna REDEST 2022 relativa all’anno reddito 2021.

Gli Enti di Patronato e le Strutture territoriali possono accedere alla suddetta procedura: in ambiente internet, per i Patronati e i Consolati, attraverso le pagine loro dedicate sul sito www.inps.it; in ambiente intranet, per le Strutture dell’Istituto, nell’area “Processi” > “Assicurato pensionato” > “Campagna RedEst”.
La procedura “REDEST 2021”, relativa all’anno reddito 2020, è ancora accessibile, diversamente la procedura “REDEST 2020”, relativa all’anno reddito 2019, è stata definitivamente chiusa il 31 marzo 2022. Eventuali dichiarazioni relative all’anno reddito 2019 giacenti, o che perverranno successivamente, dovranno essere acquisite mediante ricostituzione.
Inoltre – precisa l’Istituto – nella sezione “Statistiche ed elenchi redditi esteri” della procedura “Campagna RedEst” sono presenti gli elenchi delle segnalazioni di variazioni anagrafiche, di indirizzo, di stato civile e di rientro in Italia, per le quali è necessario l’intervento diretto delle Strutture territoriali, che dovranno provvedere alle opportune operazioni di aggiornamento degli archivi e di eventuale ricostituzione.


A giugno vengono inviati i modelli cartacei REDEST ai pensionati residenti all’estero interessati alla Campagna REDEST 2022. Gli Enti di Patronato e i Consolati, al momento della consegna da parte dei pensionati dei modelli reddituali allegati alla lettera di richiesta, devono: accertare l’identità personale del dichiarante; ricevere i modelli REDEST 2022 opportunamente compilati e firmati; verificare la conformità della documentazione presentata ai dati indicati nei modelli; provvedere all’acquisizione dei dati attraverso il collegamento via internet con il sito web dell’INPS, secondo le indicazioni fornite nell’apposito manuale tecnico richiamabile attraverso la procedura di acquisizione (Messaggio Inps 10 maggio 2022, n. 1997).

Domanda assegno unico figli a carico: nuove funzionalità di modifica e consultazione


L’Inps ha aggiornato la procedura internet relativa alla trasmissione delle domande per l’Assegno unico e universale per i figli a carico. È stata introdotta la possibilità di modificare la domanda, visualizzare i pagamenti e controllare eventuali anomalie o incompletezze nelle posizioni. (Messaggio 09 maggio 2022, n. 1962).

FUNZIONE MODIFICA


Alla funzione “Modifica” si accede premendo il corrispondente tasto presente nella sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato” dalla home page dell’applicazione “Domanda Assegno Unico e Universale per figli a carico”, sul portale web dell’Inps.
Tale funzione consente di effettuare le seguenti operazioni:
– variazione o inserimento della condizione di disabilità del figlio;
– variazioni della dichiarazione relativa alla frequenza scolastica/corso di formazione per il figlio maggiorenne (18-21 anni);
– modifiche attinenti all’eventuale separazione/coniugio dei genitori;
– modifiche riguardanti il campo codice fiscale dell’altro genitore (a condizione che questi non abbia già fornito la propria modalità di pagamento e non abbia già percepito un pagamento);
– variazione dei criteri di ripartizione dell’assegno tra i due genitori sulla base di apposito provvedimento del giudice o dell’accordo tra i genitori;
– rettifica dei criteri di spettanza delle maggiorazioni;
– variazioni attinenti alle modalità di pagamento prescelte dal richiedente e dall’eventuale altro genitore.
Le modifiche apportate hanno effetto dal momento in cui sono inserite in procedura e, pertanto, non generano il diritto a conguagli per importi arretrati, con l’eccezione della dichiarazione relativa alla condizione di disabilità del figlio/a laddove preesistente alla modifica in domanda (in questo caso è necessario indicare la data di decorrenza della disabilità).


FUNZIONE PAGAMENTI


Nella sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato”, dopo avere effettuato l’accesso al dettaglio della domanda (tramite l’apposito pulsante posto a destra degli estremi identificativi della domanda), è stato aggiunto un ulteriore tasto denominato “Pagamenti”, con il quale è possibile visualizzare la lista dei pagamenti disposti suddivisi per competenza mensile con la specifica modalità di pagamento utilizzata.

FUNZIONE EVIDENZE


Accedendo alla sezione “Consulta e gestisci le domande che hai presentato”, nella visualizzazione di riepilogo che appare al momento dell’accesso è stato aggiunto il campo denominato “Evidenze”.
Tale campo mostra eventuali criticità emerse durante la fase istruttoria, che impediscono il completamento della domanda.
Attraverso tale funzione l’Inps chiede, ad esempio, di fornire ulteriore documentazione di supporto ovvero di precisare la permanenza di un requisito. Ottemperando alle richieste presenti nella funzione “Evidenze”, il richiedente sblocca la domanda consentendo il completamento dell’istruttoria.
Le evidenze si possono riferire anche alla modalità di pagamento prescelta, alla necessità di ulteriore documentazione da allegare a comprova dei requisiti per il diritto e/o la misura dell’assegno, alla necessità di integrare i requisiti (di studio, tirocini, ecc.) per i figli diventati maggiorenni dopo la presentazione della domanda, alla discordanza della condizione di disabilità con quanto rilevato in DSU.
Nel dettaglio della scheda figlio sono consultabili anche i provvedimenti di accoglimento e di reiezione, che sono scaricabili in formato “pdf”. Nel provvedimento di reiezione sono specificate le relative motivazioni.

Diritto di critica sindacale: escluso il reato di diffamazione


 


Non integra il reato di diffamazione a mezzo stampa, costituendo legittimo esercizio del diritto di critica sindacale, la pubblicazione di articoli contenenti invettive volte a stigmatizzare gli atteggiamenti e la complessiva condotta di sfruttamento dei lavoratori del datore di lavoro (Corte di Cassazione, Sentenza 05 maggio 2022, n. 17784).


La Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal lavoratore condannato per il reato di diffamazione a mezzo stampa a seguito della pubblicazione, ad opera di questi, di un articolo avente ad oggetto la condotta del datore di lavoro.
La vicenda in esame, in particolare, atteneva alle parole utilizzate dal lavoratore su un blog dallo stesso curato, per commentare il comportamento datoriale in occasione di una protesta sindacale organizzata dagli operai di una cooperativa, per motivi collegati al recesso dal contratto di appalto della azienda di cui la persona offesa era amministratore delegato.
L’articolo venuto in rilievo, secondo la valutazione dei giudici di merito, conteneva un ingiustificato attacco personale, con riguardo al quale non poteva ritenersi sussistente l’esimente dell’esercizio legittimo del diritto di critica sindacale.


Esprimendosi su punto, i giudici di legittimità hanno chiarito che il diritto di critica si inserisce nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero e, proprio in ragione della sua natura di diritto di libertà, esso può, dunque, essere evocato come scriminante, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., rispetto al reato di diffamazione, purché venga esercitato nel rispetto dei limiti della veridicità dei fatti, della pertinenza degli argomenti e della continenza espressiva.
La nozione di critica, rilevante nella fattispecie in oggetto, rimanda all’area della disputa e della contrapposizione, oltre che della disapprovazione e del biasimo anche con toni aspri e taglienti, non essendovi limiti all’oggetto della libera manifestazione del pensiero, se non quelli specificamente indicati dal legislatore.
La Corte pone, altresì. in luce che le modalità espressive attraverso le quali si estrinseca il diritto di critica postulano una forma astrattamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita e immotivata aggressione dell’altrui reputazione. Tuttavia, quest’ultima non è incompatibile con l’uso di termini che, pure oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico.
Da qui la necessità di contestualizzare le espressioni intrinsecamente ingiuriose, da valutare in relazione al contesto spazio – temporale e dialettico nel quale sono state profferite, e verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur forti e sferzanti, non risultino meramente gratuiti, ma siano invece pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato e al concetto da esprimere.
Difatti, nella fattispecie in scrutinio le invettive nei confronti del datore di lavoro, pur astrattamente offensive, tuttavia, sono state giudicate pienamente conferenti all’oggetto della controversia, ossia la situazione di sfruttamento dei lavoratori denunciata a livello sindacale, e, inserendosi appieno nel contesto di aspra critica sindacale, in quanto volti a condannare la complessiva condotta datoriale, non prendono di mira la persona in sé e non danno luogo a un attacco personale. Il tono e le parole, pur taglienti, sferzanti, non possono essere qualificati come inutilmente umilianti, né ingiustificatamente aggressivi, ma risultano, viceversa, funzionali alla esplicita finalità di disapprovazione che si voleva esprimere.
Deve pertanto concludersi che, con riguardo all’articolo pubblicato dal lavoratore, sia ravvisabile l’esimente del legittimo esercizio del diritto di critica, che esclude, in concreto, l’offensività della condotta, una volta contestualizzata nella diatriba sulla legittimità delle posizioni datoriali, con pertinenti espressioni e, seppur aspre, funzionali all’argomentazione.

Licenziamento: valutazione della proporzionalità tra sanzione e addebiti


In materia di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti, solo alcuni dei quali risultino dimostrati, resta ferma la necessità di operare, in ogni caso, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati.


La Corte di appello ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore per attribuzione di dichiarazioni false alle colleghe in relazione all’integrità di essiccatore utilizzato nell’ambito delle mansioni di addetta al laboratorio di analisi e nonché per aggressione verbale e fisica del datore di lavoro in presenza di terzi.
In particolare, i giudici hanno ritenuto provate sia la falsità delle giustificazioni rese dal lavoratore circa il primo addebito disciplinare contestato sia l’aggressione (non solo verbale) nei confronti del datore di lavoro, di cui al secondo addebito disciplinare; con riguardo al primo episodio ha ritenuto “l’oggettiva modestia del disvalore intrinseco alla condotta posta in essere” ma, con riguardo al secondo episodio ha ritenuto conseguire un “oggettivo disvalore aziendale, che rende del tutto incompatibile la prosecuzione del rapporto che necessita del vincolo fiduciario tra le parti, condotta che rende infausta la prognosi di un ritorno alla normalità e al corretto adempimento degli obblighi di obbedienza, fedeltà, collaborazione, intrinseci al rapporto di lavoro.
La Suprema corte ribadisce che, nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti, solo alcuni dei quali risultino dimostrati, la “insussistenza del fatto” si configura qualora possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, o se si realizzi l’ipotesi dei fatti sussistenti ma privi del carattere di illiceità, ferma restando la necessità di operare, in ogni caso, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati.
Ne consegue che, nell’ipotesi di sproporzione tra sanzione e infrazione, va riconosciuta la tutela risarcitoria se la condotta dimostrata non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i contratti collettivi o i codici disciplinari applicabili prevedono una sanzione conservativa, ricadendo la proporzionalità tra le “altre ipotesi” di cui all’art. 18, co. 5, L. n. 300/1970, per le quali è prevista la tutela indennitaria cd. Forte (Cassazione, ordinanza 9 maggio 2022, n. 14667).

Consorzi Agrari: rinnovato il CCNL

Sottoscritto il rinnovo del CCNL per i dipendenti dei Consorzi Agrari.

L’accordo, che copre il  quadriennio 1 ° gennaio 2020-31 dicembre 2023, prevede che lo stipendio base del 3° Livello venga incrementato con le decorrenze sotto specificate dei seguenti importi mensili al lordo delle ritenute di legge:
– dal 1° giugno 2022: € 65,00
– dal 1° gennaio 2023: € 30,00
Per il periodo di carenza contrattuale 1° gennaio 2020 – 31 maggio 2022 viene riconosciuta, al personale in servizio alla data del 1° maggio 2022, l’importo “una tantum”, uguale per tutti, pari ad euro 100, al lordo delle ritenute di legge, che non avrà incidenza sugli istituti retributivi previsti dal vigente contratto collettivo, ivi compresi il trattamento di fine rapporto e le mensilità aggiuntive, da corrispondere unitamente alla retribuzione del mese di maggio 2022.
Dal punto di vista normativo, viene rafforzato il sistema delle relazioni sindacali, rendendolo più efficace ed incisivo a tutti i livelli, attraverso la partecipazione strategica dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Costituita inoltre una commissione tecnica che si occuperà di aggiornare la classificazione del personale.
Viene sottolineato, inoltre, l’impegno delle Parti nel valorizzare la bilateralità sul versante dell’assistenza sanitaria integrativa, della previdenza complementare e della formazione professionale continua.


Potenziato anche il sistema di welfare con due giornate aggiuntive, rispetto all’attuale normativa, di congedo per il papà in occasione della nascita o adozione di un figlio e di 3 giorni di permesso retribuito in caso di eventi luttuosi.
Inseriti inoltre l’anticipo del TFR per sostenere le spese matrimoniali, l’istituto delle ferie solidali e la conservazione del posto di lavoro per i dipendenti colpiti da patologie oncologiche o malattie gravi.