Contratto di mutuo stipulato dall’ex coniuge: esente da bollo, da registrazione e da ogni altra tassa


Il contratto di mutuo stipulato dall’ex coniuge può ricomprendersi tra i “contratti della crisi coniugale”, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi” e, pertanto, può rientrare tra quegli atti realizzativi degli accordi coniugali che debbono dunque farsi rientrare nella nozione di atti relativi al procedimento di separazione o divorziò esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa (Agenzia delle entrate – Risposta 11 maggio 2022, n. 260)

Nella fattispecie presentata all’Amministrazione finanziaria, l’istante riferisce di coniugi che hanno presentato domanda per l’omologazione della separazione consensuale. Negli accordi di separazione è stato stabilito che l’immobile – residenza familiare e acquistato a suo tempo dai coniugi in regime di comunione di beni – venga attribuito per intero al marito con l’obbligo dello stesso di corrispondere alla moglie, contestualmente all’atto di trasferimento, una somma destinata anche all’estinzione del finanziamento già contratto congiuntamente dai coniugi nel 2016.
L’Istante riferisce, in particolare, che il marito “dovrà procedere all’accensione di un nuovo finanziamento (interamente a lui intestato) espressamente destinato e quale “condicio sine qua non” per dare esecuzione agli accordi di separazione”.
Al riguardo, l’Istante chiede di conoscere se “anche il mutuo contratto al fine di dare esecuzione agli accordi che costituiscono elemento essenziale e condizione indispensabile per giungere alla soluzione della crisi coniugale, abbia diritto di entrare a pieno titolo, nell’ambito di applicazione della disposizione agevolativa” di cui all’articolo 19 della legge n.74 del 1987, recante “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”, che così dispone: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata – nella quale, come affermato dall’Istante, la stipula del mutuo costituisce “condicio sine qua non” per dare esecuzione agli accordi di separazione” – il Fisco ritiene che il contratto di mutuo stipulato dall’ex coniuge possa ricomprendersi tra i “contratti della crisi coniugale”, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi” e, pertanto, possa rientrare tra quegli atti realizzativi degli accordi coniugali che debbono dunque farsi rientrare nella nozione di atti relativi al procedimento di separazione o divorziò ex articolo 19 L. cit. . Resta fermo che tale condizione deve risultare dalle clausole contenute nell’accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale. In tal caso, il contratto di mutuo potrà rientrare nell’ambito di applicazione della disposizione agevolativa di cui all’articolo 19 della legge n.74 del 1987, nei limiti dell’ammontare indicato dal predetto accordo di separazione e destinato alla ex moglie.


Chiarimenti sugli strumenti finanziari derivati


In materia di strumenti finanziari derivati, forniti chiarimenti sul trattamento IRAP dei profitti e delle perdite da valutazione e realizzo dei contratti di acquisto e vendita a termine “physically-settled” rientranti nel portafoglio di trading (Agenzia delle entrate – Risposta 10 maggio 2022, n. 249).

Nel caso di specie, la Società istante intende conoscere se i profitti e le perdite derivanti dalla valutazione e dal realizzo dei contratti di acquisto e vendita a termine “physically settled” di energia e di gas, rientranti nel portafoglio di trading, siano irrilevanti ai fini IRAP ove correttamente contabilizzati nella sezione D) Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie del conto economico, in particolare alle voci D.18.d (proventi su strumenti finanziari derivati) e D.19.d (oneri su strumenti finanziari derivati).
Atteso che, come già precisato, la qualificazione dei contratti oggetto di istanza viene assunta acriticamente, l’Agenzia rammenta che la riforma IRAP, attuata dalla legge finanziaria per il 2008, ha delineato un nuovo sistema di determinazione della base imponibile, fondato sul principio di presa diretta dal bilancio e conseguente sganciamento dalle regole di determinazione dell’IRES. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (di seguito, decreto IRAP) « Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), non esercenti le attività di cui agli articoli 6 e 7, la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), nonché dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio». Il quinto comma del medesimo articolo 5 prevede inoltre che « Indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa».
Nel caso di specie, la combinazione dei contratti physically-settled con i correlati cash-settled – per entrambi i quali si presuppone che non esista una relazione di copertura, così come riferito dall’interpellante senza formulare, al riguardo, alcun quesito – consente alla Società di conseguire un profitto da arbitraggio che viene integralmente contabilizzato tra i proventi di natura finanziaria. Sul punto, l’Agenzia evidenzia che, come rappresentato dall’Istante, la contabilizzazione della marginalità scaturente dai contratti physically-settled in rassegna nelle voci D.18.d e D.19.d del conto economico risulta analoga rispetto a quella dei contratti cash-settled, e ciò indipendentemente dall’esistenza di una connessione meramente gestionale tra tali strumenti finanziari.
Pertanto, ritiene che qualora detta contabilizzazione sia effettuata sulla base della corretta applicazione dei principi contabili, le componenti reddituali scaturenti dai contratti di trading physically-settled e classificate nella sezione D) del conto economico non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP ai sensi del sopra citato articolo 5, commi 1 e 5, del decreto IRAP.
Giova evidenziare che l’ipotesi in esame, tra l’altro, non rientra nell’ambito dell’applicazione del principio di correlazione previsto dall’articolo 5, comma 4, del Decreto IRAP, in base al quale “i componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d’imposta precedenti o successivi”. Al riguardo, con la circolare n. 148/E del 26 luglio 2000 è stato evidenziato come il principio di correlazione, che anteriormente alle modifiche apportate legge finanziaria per il 2008 era contenuto tra le disposizioni comuni recate dall’articolo 11 del Decreto IRAP, rispondesse all’obiettivo – esplicitato nella relazione ministeriale – di “ristabilire una situazione di continuità e di omogeneità nella determinazione dell’imponibile”. Inoltre, con la risoluzione n. 294/E del 18 ottobre 2007 è stato precisato che il suddetto principio deve essere inteso “nel senso di attribuire rilevanza IRAP, prescindendo dalla classificazione contabile, a quei proventi o oneri che emergono in diretta conseguenza della imputazione a conto economico di componenti reddituali (di segno contrario) tra le voci che influenzano il valore della produzione oppure prendono il posto di componenti reddituali (dello stesso segno) che, per loro natura, concorrono a determinare il valore della produzione” (cfr. risoluzione n. 294/E del 2007).
Conseguentemente, l’Agenzia non ritiene applicabile al caso di specie il comma 4 dell’articolo 5 del Decreto IRAP, non essendo individuabile alcuna correlazione ai fini del tributo regionale tra componenti reddituali disomogenee quali sono, per l’appunto, quelle di natura finanziaria contabilizzate nella sezione D) del Conto Economico in conformità al principio OIC 32 rispetto a quelle di natura caratteristica generate dalla compravendita delle commodities sottostanti agli strumenti finanziari oggetto di istanza.


Autobus elettrici: incentivi per filiera


È stata istituita una nuova linea di intervento per la realizzazione di investimenti nella filiera degli autobus elettrici, per la quale sono già disponibili incentivi per un ammontare di 300 milioni di euro stanziati dal PNRR. (MISE – Comunicato 06 maggio 2022)

Potranno richiedere gli incentivi le imprese del settore, in particolare quelle della componentistica, che presentano piani di investimento sul territorio nazionale le cui spese ammissibili risultano comprese tra 1 milione e 20 milioni di euro. L’importo delle agevolazioni non può in ogni caso superare, nel suo complesso, il limite massimo del 75% delle spese ammissibili.
Le agevolazioni verranno concesse sotto forma di contributo a fondo perduto o finanziamento agevolato, anche in combinazione tra loro, come previsto nell’ambito dello sportello online dedicato ai contratti di sviluppo che è stato aperto lo scorso 26 aprile.
A completamento dell’investimento produttivo potranno essere presentati anche progetti per la ricerca e sperimentazione industriale nonché per la formazione del personale.

ACE: finanziamenti alle controllate


I conferimenti in denaro e l’incremento dei crediti da finanziamento infragruppo eseguiti da una controllante nei confronti di due società controllate, una residente in Austria l’altra nel Regno Unito, non rappresentano una duplicazione dell’agevolazione Ace in quanto non vi sono stati conferimenti né finanziamenti, né corrispettivi per cessioni di partecipazioni infragruppo e/o aziende e rami d’azienda da soggetti appartenenti al medesimo gruppo (Agenzia Entrate – risposta 10 maggio 2022, n. 250).

Il DM 03 agosto 2017 (Nuovo Decreto ACE) ha operato la revisione delle disposizioni di attuazione della disciplina concernente l’agevolazione di cui all’art. 1, D.L. n. 201/2011, conv. con modif. dalla L. n. 214/2011, recante “Aiuto alla crescita economica (Ace)”.
In tale contesto è stato ampliato il perimetro di osservazione delle ipotesi di duplicazione del beneficio ACE nell’ambito del gruppo, ponendo attenzione anche alle operazioni intercorse con soggetti residenti in Paesi diversi dall’Italia.
La circolare n. 21/E del 21 giugno 2015, par. 3.3, in relazione al procedimento di analisi per la disapplicazione della disciplina antielusiva speciale, precisa che, nel caso di base ACE derivante solo da utili accantonati a riserva, l’istanza può trovare accoglimento se la società non ha ricevuto da soggetti appartenenti al gruppo somme di denaro (a titolo di finanziamento) che abbiano in precedenza provocato un beneficio ACE all’interno dello stesso a titolo di conferimenti in denaro.
Nel caso di specie, l’istante fa presente di non aver ricevuto conferimenti né finanziamenti, né corrispettivi per cessioni partecipazioni infragruppo e/o aziende e rami d’azienda da soggetti appartenenti al medesimo gruppo.
La circostanza suddetta, quindi, esclude che possa essersi verificato l’effetto duplicativo che la norma tende a contrastare.
Alla luce delle suesposte riflessioni, l’Agenzia delle Entrate ritiene, quindi, accoglibile l’istanza di disapplicazione della disciplina antielusiva speciale con riferimento ai conferimenti in denaro infragruppo e con riferimento all’incremento dei crediti da finanziamento infragruppo.


Imprese: incentivi per le società benefit


Dal 19 maggio le domande per il credito d’imposta. (MISE – DM 4 maggio 2022)

A partire dal 19 maggio e fino al 15 giugno 2022 le imprese presenti sul territorio nazionale che si sono costituite o trasformate in società benefit nel corso del 2020 e 2021, potranno presentare domanda per richiedere il credito d’imposta messo a disposizione dal Ministero dello sviluppo economico.
Le società benefit sono attività imprenditoriali che, oltre a perseguire finalità economiche, operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori, ambiente, beni, attività culturali, sociali, enti, associazioni e altri portatori di interesse.
Le risorse stanziate per finanziare il credito d’imposta sono pari a 7 milioni di euro e il contributo potrà essere concesso nella misura del 50% dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit, compresi quelli notarili e di iscrizione nel registro delle imprese nonché le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza.